Dopo la forte attività esplosiva ed effusiva del 1964, che raggiunse il suo apice nell’eruzione terminale del 4 luglio (5, 6,13), il Cratere Centrale dell’Etna e il cratere subterminale di Nord-Est mantennero per molti mesi un stato di relativa calma: dalla grande fossa nel Cratere Centrale uscivano vapori biancastri, talvolta anneriti da piccoli detriti coevi, mentre i numerosi campi fumarolici sull’orlo e sulla piattaforma craterica continuavano ad essere piuttosto attivi. Allo stesso tempo il cratere di Nord-Est presentava solo una lieve attività fumarolica, per cui persisteva l’occlusione nella bocca principale.
Alla fine della prima decade di gennaio 1966 iniziarono alcuni segnali di rinnovamento dell’attività sub-terminale con alcuni cedimenti alla base del cratere di Nord-Est e con l’apertura di nuove fratture eruttive che proiettavano in atmosfera materiali vulcanici non coevi, trasportati da gas magmatici che talvolta sfuggivano con una certa violenza.
La completa riapertura del condotto del Cratere di Nord-Est è avvenuta l’11 gennaio con la comparsa del piromagma (magma ricco di gas) nella bocca esplosiva principale del cono ed è stata seguita da emissioni ritmiche di grandi quantità di gas, accompagnate da brandelli di lava scoriacea, lapilli e sabbia vulcanica non coeva.
L’emissione di piromagma nel condotto è proseguita nei giorni successivi finché il 13 gennaio si generò un trabocco, con la formazione di una colata lavica che fluiva per alcune centinaia di metri in direzione Nord-Ovest, tale flusso rimase attivo per più di due giorni.
Il 16 un intrusione magmatica interessò il cratere di Nord-Est raggiungendo la superficie alla base Nord-Est del cono stesso, all’altezza di circa 3080 metri si formò una frattura subterminale con l’emissione di epimagma (magma degassato ) di modeste quantità, questa attività è proseguita per diversi mesi. L’orifizio effusivo che si produceva era di modeste dimensioni, e presentava tutte le caratteristiche di una vera e propria : “bocca a forno”, larga poco più di un metro. La lava fuoriusciva con una velocità iniziale abbastanza moderata, ma a volte emetteva gas e vapori con una certa violenza, tanto da scagliare intorno piccoli brandelli di lava; il loro accumulo in pochi giorni ha formato un piccolo cono di scorie saldate (denominato : spatter cone) con pendii ripidi, formato come un hornito. Il torrente lavico subterminale, così formato, ha raggiunto (il 17/4 gennaio), il ciglio della vicina Valle del Leone, a circa 1.200 metri. dal Cratere di Nord-Est. Nella seconda metà dello stesso mese il movimento del fronte iniziò a rallentare notevolmente, mentre si formavano sovrapposizioni e numerosi accumuli. I fenomeni esplosivi nel Cratere di Nordest hanno ridotto la loro intensità per alcuni giorni, per poi aumentare all’inizio del mese di febbraio.
Dalla seconda metà dello stesso mese l’attività si è mantenuta abbastanza costante, con lievi oscillazioni. I periodi di maggiore attività si sono verificati verso la fine di febbraio, la metà di marzo, la metà di giugno, nella prima decade di luglio e settembre, nella prima metà di novembre e all’inizio di dicembre. La quantità di deflusso lavico subterminale si è mantenuta pressoché costante fino all’inizio di giugno, anche se ha mostrato un evidente nuova ripresa dal 29 marzo al 3 aprile. Il torrente lavico che si è formato in questo periodo ha raggiunto una lunghezza massima di 2,5 km, cioè dalla base del cono di Nord-Est al margine che separa la Valle del Leone dalla vicina Valle del Bove. Era caratterizzato da un tratto iniziale formato da 3-4 rami principali, della larghezza media di circa 30 metri ciascuno, seguito da un tratto molto più ampio, formato da notevoli espansioni prodotte dall’accumulo di numerose digitazioni laviche. Complessivamente il secondo fronte di questo torrente lavico ha raggiunto una larghezza complessiva di 7-800 metri. La sua parte anteriore era caratterizzata da cinque flussi principali che confluivano sul fondo della Valle del Leone, dove si fermavano formando piccole cupole irregolari. Nei primi giorni di giugno un altro trabocco lavico si è manifestato nel settore settentrionale alla base del cono di Nord-Est attraverso una nuova piccola bocca sub- terminale, che si era aperta all’altezza di circa 3070 metri. Nei giorni 6, 7, 8 e 9 giugno il nuovo deflusso sub-terminale, dopo aver formato una colata lavica di alcune centinaia di metri, si esaurisce, per poi ricominciare il primo luglio, tale attività si mantiene abbastanza costante fino alla fine del Settembre. Questi nuovi fenomeni effusivi sub-terminali erano caratterizzati da pause più o meno lunghe e talvolta duravano fino a quattro giorni. Ciò era probabilmente dovuto al fatto che contemporaneamente continuava l’effusione lavica sub-terminale nel settore Nord-Est. Qui invece la quantità di lava emessa dall’11 giugno al 30 ottobre era piuttosto piccola e molto minore di quella emessa nei mesi precedenti.
Verso la fine dei primi dieci giorni di settembre nel settore Nord dell’orlo craterico del cono di Nord-Est si è verificato un leggero cedimento attraverso il quale è uscito un moderato deflusso lavico che è stato alimentato per circa tre giorni, ed è stato seguito da una notevole ripresa delle esplosioni .
Per quasi tutto questo mese di ottobre, il deflusso di lava da Nord-Est è stato abbastanza costante, si è verificata una pausa piuttosto lunga nel settore settentrionale. Nel bimestre successivo, invece, i fenomeni effusivi si sono ridotti nel settore Nord-Est, mentre quelli del settore Nord si sono intensificati mantenendo abbastanza costante l’attività esplosiva.
Tuttavia, nel Cratere Centrale è proseguito lo stato dell’attività emissiva piuttosto moderata di gas e vapori e si è verificato solo un debole episodio esplosivo, con emissione di detriti e sabbie vulcaniche coeve, verso la fine di giugno e irregolarmente nel mese di luglio, in agosto e settembre.
Bisogna aggiungere che nel corso dell’anno 1966 non si sono verificati fenomeni sismici di rilievo che abbiano interessato la zona dell’Etna, se si esclude qualche terremoto di I(Scala Mercalli), registrato nelle varie date dall’Osservatorio meteorologico-sismico di Acireale. Una scossa di II-IlI è stata avvertita anche il 16 novembre nella zona di Monacella – S.Venerina – Linera (tra Giarre e Zafferana) nel basso versante orientale del vulcano.
In maggio (17), in agosto (8) e in settembre (15) sono state effettuate misurazioni della temperatura e della viscosità della lava sub-terminale, che scorre alla base del Cratere di Nord-Est. Ricerche mineralogiche e petrografiche sulle rocce vulcaniche prodotte sono state intraprese da TANGUY (14, 16) e da CORSINI (3). Per concludere, quindi, nell’anno 1966 si verificarono sull’Etna fenomeni esplosivi ed effusivi sub-terminali di moderata intensità. I fenomeni esplosivi iniziarono il 10 gennaio, durando tutto l’anno, e continuando nell’anno successivo, 1967. La lava, con i flussi che fuoriuscivano dallo stesso orlo craterico del cono di Nord Est (13-15 gennaio e 9-11 settembre), da bocche sub-terminali che si aprivano sul settore Nord-Est (16 gennaio-25 dicembre) e dai punti di emissione a Nord (7 giugno-31 dicembre).
Queste effusioni sub-terminali sono state caratterizzate in tre diversi periodi : quello sul settore Nord-Est era più intenso nel primo periodo (dal 16 gennaio al 6 giugno), mentre risultava meno attivo nel secondo periodo (dal 11″ di giugno al 30 ottobre), con lunghe pause nel terzo periodo (dal 16″ di novembre al 25″ di dicembre); la fuoriuscita sub-terminale del settore Nord è stato caratterizzato dai tre periodi seguenti: 7-11 giugno, 14 luglio-1 ottobre, e 31 ottobre-31 dicembre, con una intensità media crescente dal primo all’ultimo periodo, che è in contrasto con quanto avvenuto nel deflusso subterminale del settore nord-orientale. I fenomeni esplosivi e di emissione di gas nel Cratere Centrale sono stati moderati. I fenomeni sismici periferici hanno pochissima importanza. Sicuramente si può dire, però, che l’attività dell’Etna nell’anno 1966 è registrata nell’ambito dei fenomeni vulcanici, esplosivi-effusivi terminali e subterminali di tipo lento e persistente.
A cura di: Vincenzo Greco G.V. – FONTE: Associazione Geofisica Italiana
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